Abbiamo intervistato Gioacchino Genchi, poliziotto dal 1985, oggi è vice questore di Palermo. Nel 1996 divenne consulente tecnico dell’Autorità Giudiziaria e diede il suo contributo alla risoluzione di importanti indagini e processi penali. Ha collaborato come consulente informatico con molti magistrati tra cui Giovanni Falcone e Luigi de Magistris. Esperto di informatica e telefonia si occupa di incrociare i tabulati delle telefonate in processi di grande importanza, quali quelli sulla mafia, che hanno rivelato il rapporto tra la mafia e il complesso giuridico-economico-politico della seconda Repubblica Italiana.
Secondo Berlusconi Genchi avrebbe intercettato 350.000 persone. Genchi non ha mai svolto una sola intercettazione, il suo compito infatti era quello di analizzare tabulati telefonici, che tuttavia l’allora presidente del Copasir Francesco Rutelli riteneva delicati e rilevanti quanto le intercettazioni.
Nel febbraio del 2009 è stato aperto un procedimento penale a carico di Gioacchino Genchi presso la Procura di Roma. Il 26 giugno 2009 Genchi viene scagionato, poiché non ha violato la privacy di nessuno.
Il 23 Marzo 2010 a Genchi viene comminata un’ulteriore sospensione di 6 mesi dal servizio, firmato dal capo della polizia, Antonio Manganelli, rischiando così la destituzione dal servizio.
Come mai dottor Genchi ha deciso di dire tutto? Di Pubblicare un libro dal sottotitolo così pesante: “Storia di un uomo in balia dello Stato”.
Il libro è la risposta al cosiddetto “Caso Genchi” e al clamore mediatico che tutto ciò ha suscitato. Il libro è nato dalla necessità di difendermi da tutta una serie di falsità che sono state dette sul mio conto. Se si pensa che anche importanti testate, non allineate alla clac berlusconiana, si sono unite a questo coro infamante ci si può rendere conto della dimensione del caso.